San Francisco è al centro di una controversia che sta infiammando il dibattito sull’intelligenza artificiale e il futuro del lavoro. La startup AI Artisan ha lanciato una campagna pubblicitaria aggressiva e provocatoria, tappezzando la città con manifesti che recitano “Smettetela di assumere umani“. L’iniziativa, che promuove un “agente di vendita” basato su chiamato anch’esso Artisan, ha suscitato indignazione e critiche da più parti, sollevando interrogativi inquietanti sul ruolo della tecnologia nella società.
La campagna, caratterizzata da slogan come “Gli Artisan non si lamentano del bilanciamento tra lavoro e vita privata” e “Le telecamere Zoom di Artisan non ‘smetteranno mai di funzionare’ oggi“, culmina con l’affermazione perentoria “L’era dei dipendenti AI è arrivata“. Ma è il messaggio “Smettetela di assumere umani”, affisso su numerosi cartelloni pubblicitari e poster, spesso accompagnato dall’immagine di una donna che rappresenta una delle “persone” AI, di nome Ava, a generare la maggiore ondata di disapprovazione.
La reazione online è stata immediata e veemente. Il sito ha definito la campagna un “incubo distopico”, mentre su Reddit e X (ex Twitter) si sono moltiplicati i commenti di condanna. Un utente di X ha twittato: “Cosa stiamo facendo come specie?“.
“Stop Hiring Humans” billboards around SF 🧵
— AI Notkilleveryoneism Memes ⏸️ (@AISafetyMemes)
L’iniziativa è stata giudicata misantropica, persino per gli standard della Silicon Valley. San Francisco, come altre città del polo tecnologico, affronta gravi problemi di senzatetto e una persistente crisi abitativa. In questo contesto, lanciare un messaggio che incita alla disoccupazione appare, per usare un eufemismo, fuori luogo. Un’immagine in particolare, che mostra un senzatetto accanto a uno dei manifesti, ha suscitato particolare indignazione.
Il CEO di Artisan, il ventitreenne Jaspar Carmichael-Jack, sembra quasi compiacersi delle accuse di distopia rivolte alla sua campagna. “Sono in qualche modo distopiche, ma lo è anche l’IA“, ha dichiarato a SFGate. “Il modo in cui funziona il mondo sta cambiando“. Tuttavia, in un’intervista al San Francisco Chronicle, Carmichael-Jack ha cercato di smorzare i toni, affermando di essere un “amico del genere umano“. “Amiamo gli umani“, ha detto, ridendo. “Non penso che le persone dovrebbero smettere di assumere umani. Noi stessi stiamo assumendo molte persone in questo momento“.
Nonostante le controversie, la campagna sembra aver raggiunto il suo obiettivo primario: generare attenzione. Secondo SFGate, Carmichael-Jack ha riferito di un “aumento vertiginoso” della notorietà del marchio e di un picco nelle vendite. “Volevamo qualcosa che attirasse l’attenzione: non si attira l’attenzione con messaggi noiosi“, ha spiegato il CEO.
È innegabile che l’obiettivo sia stato raggiunto. Artisan ha scelto di abbandonare la “noia” per esprimere con chiarezza le intenzioni di una certa classe dirigente: eliminare il fattore umano laddove possibile. Questo è il sottotesto che i colossi dell’industria tecnologica cercano di mascherare con un linguaggio di marketing accattivante. Come dimostra il caso Artisan, se queste aziende fossero più esplicite riguardo alle loro intenzioni sull’IA e al loro atteggiamento verso i lavoratori umani, si troverebbero costantemente di fronte a ondate di indignazione. Un segnale tangibile di questa rabbia è stato il danneggiamento di un poster di Artisan presso una fermata dell’autobus.
La vicenda solleva questioni cruciali sul futuro del lavoro, sull’etica dell’intelligenza artificiale e sulla responsabilità delle aziende tecnologiche. La campagna di Artisan, pur nella sua discutibilità, ha avuto il merito di portare alla luce un dibattito fondamentale, ponendo interrogativi scomodi ma necessari sul rapporto tra uomo e macchina in un mondo in rapida trasformazione. Il successo, almeno in termini di visibilità, ottenuto da questa strategia di “rage bait” (esca per la rabbia) apre inoltre una preoccupante riflessione sull’efficacia di certe forme di comunicazione e sulla loro capacità di influenzare l’opinione pubblica.