Google ha deciso di rinunciare all’eliminazione dei cookie di terze parti

La decisione di Google di abbandonare il piano per l’eliminazione dei cookie di terze parti segna un cambiamento radicale nelle strategie di privacy digitale dell’azienda di Mountain View. Dopo anni di promesse e preparativi per creare un web “senza cookie”, il colosso tecnologico ha fatto marcia indietro, annunciando che non implementerà il tanto atteso prompt dedicato per la gestione dei cookie nel browser Chrome. Una scelta che modifica profondamente gli equilibri nel settore pubblicitario digitale e solleva interrogativi sulle reali possibilità di un internet più rispettoso della privacy degli utenti, mantenendo al contempo la sostenibilità economica dell’ecosistema pubblicitario online.

La comunicazione ufficiale è arrivata direttamente da Anthony Chavez, Vice Presidente della divisione Privacy Sandbox di Google, che ha chiarito come l’azienda continuerà a gestire le preferenze relative ai cookie di terze parti attraverso le impostazioni di privacy e sicurezza già esistenti nel browser, abbandonando l’idea di un nuovo prompt dedicato. “Abbiamo deciso di mantenere il nostro approccio attuale per offrire agli utenti la possibilità di scegliere come gestire i cookie di terze parti in Chrome, e non implementeremo un nuovo prompt autonomo”, ha dichiarato Chavez in un post sul blog aziendale del 22 aprile.

Con questa decisione, Google interrompe di fatto un progetto avviato nel 2020 che mirava a rivoluzionare il panorama pubblicitario online e avvicinare Chrome, browser che detiene oltre il 60% del mercato globale, ai concorrenti Firefox e Safari che già bloccano i cookie di terze parti per impostazione predefinita.

Il progetto Privacy Sandbox, lanciato con grandi ambizioni, aveva l’obiettivo di sviluppare tecnologie alternative che permettessero la pubblicità mirata preservando contemporaneamente la privacy degli utenti. Strumenti come la Topics API e varie altre interfacce per la misurazione delle pubblicità e la prevenzione delle frodi erano stati presentati come il futuro della pubblicità digitale.

Tuttavia, il feedback dell’industria ha rivelato profonde preoccupazioni. Molti operatori del settore adtech hanno sostenuto che le alternative proposte non potevano eguagliare la scalabilità o le capacità di elaborazione in tempo reale offerte dai cookie tradizionali. Gli editori, dal canto loro, temevano perdite di ricavi e la complessità tecnica necessaria per implementare i nuovi sistemi.

Un ruolo decisivo nel cambio di rotta di Google è stato giocato anche dalle autorità di regolamentazione. Nell’aprile 2024, l’Autorità per la Concorrenza e i Mercati del Regno Unito (CMA) è intervenuta chiedendo una pausa nell’implementazione delle modifiche. Le preoccupazioni riguardavano la possibilità che il dominio di Google sia nei browser che nella pubblicità digitale potesse essere ulteriormente rafforzato dalle modifiche proposte. La CMA ha quindi richiesto garanzie che qualsiasi nuovo sistema non avrebbe favorito ingiustamente i prodotti pubblicitari di Google.

Nel frattempo, organizzazioni per la tutela della privacy come l’Electronic Frontier Foundation hanno continuato a criticare le alternative proposte da Google, sostenendo che queste consentissero comunque il tracciamento degli utenti e introducevano nuove problematiche relative alla privacy.

Chavez ha riconosciuto queste diverse prospettive nel suo post, evidenziando il continuo impegno con le parti interessate dell’industria e con i regolatori. Sebbene la completa rimozione dei cookie di terze parti sia ora fuori discussione, ha affermato che il progetto Privacy Sandbox continuerà in forma modificata. Google prevede di continuare a sviluppare funzionalità per la privacy – come la protezione IP per gli utenti in modalità Incognito – e raccoglierà ulteriori feedback prima di aggiornare la roadmap per le tecnologie future.

Le reazioni alla decisione non si sono fatte attendere. Il Movement for an Open Web, un gruppo che aveva precedentemente contestato i piani di Google davanti alla CMA, ha descritto l’annuncio come “un’ammissione di sconfitta” a The Verge. Secondo loro, il tentativo di Google di rimodellare l’ecosistema della pubblicità digitale a proprio favore è stato ostacolato dalla resistenza delle autorità di regolamentazione e dell’industria stessa.

Per ora, i cookie di terze parti rimarranno una caratteristica fissa in Chrome, lasciando l’industria della pubblicità digitale alle prese con le implicazioni di questa decisione. Una scelta che probabilmente avrà ripercussioni significative sul futuro della privacy online e sulle strategie di business di innumerevoli aziende che operano nel settore della pubblicità digitale.