La casa discografica Iron Mountain ha rivelato che circa il 20% dei dischi rigidi ricevuti dall’industria musicale per la manutenzione, e la preservazione, dei brani al loro interno sono completamente inutilizzabili.
Questo significa che preziosi contenuti musicali, tra cui master di studio e registrazioni live oramai irreperibili in altri formati, rischiano di andare persi per sempre se non adeguatamente archiviati su altri supporti il prima possibile.
Robert Koszela, Global Director for Strategic Initiatives and Growth di Iron Mountain, ha commentato: “È triste vedere interi progetti arrivare in studio su hard disk nuovi di zecca, con ancora l’imballaggio intatto, ma completamente inutilizzabili”.
Questo evidenzia la fragilità dei supporti digitali utilizzati dall’industria musicale per archiviare le proprie produzioni.
La migrazione dai nastri magnetici agli hard disk è iniziata negli anni 2000, spinta dall’avvento del suono surround 5.1, e del boom dei giochi musicali che richiedevano una rimasterizzazione dei brani.
Le etichette discografiche si sono trovate a dover rimettere mano ai brani del passato, scoprendo che molti dei nastri magnetici originali si erano già deteriorati o non potevano più essere riprodotti per mancanza di hardware compatibile.
Tuttavia, anche gli hard disk sono soggetti a deterioramento, con una vita media di 3-5 anni per i modelli commerciali. Nemmeno gli SSD odierni (che al momento ) garantiscono un supporto eterno, limitandosi a raggiungere i 7 anni di picco massimo, prima che il deterioramento venga considerato naturale.
Persino i dischi progettati specificamente per l’archiviazione a lungo termine smettono di funzionare col tempo. Il problema è che spesso gli studi aprono i loro archivi solo quando necessitano dei master originali per uso commerciale, rischiando di scoprire troppo tardi che i dati sono ormai irrecuperabili.
Numerosi ricercatori stanno lavorando a supporti di archiviazione più affidabili degli attuali hard disk e SSD. Una startup sta persino sviluppando un sistema di archiviazione su vetro con una durata dichiarata di 5.000 anni.
Tuttavia, finché queste tecnologie non saranno disponibili a prezzi accessibili, l’unica soluzione per preservare gli archivi digitali è riscrivere completamente i dati su nuovi supporti ogni 3-5 anni, mantenendo sempre dei backup.
La sfida per l’industria musicale è quindi trovare un equilibrio tra la necessità di digitalizzare gli archivi analogici e l’imperativo di garantire la conservazione a lungo termine del proprio patrimonio sonoro, evitando la perdita irrimediabile di registrazioni storiche e produzioni musicali di valore.